Verona, Briegel:"Allenare l'Hellas? Magari"

«Allenare l'Hellas? Magari! È un lavoro per ex gialloblù»PAROLA DI PANZER. Il tedesco interrogato dai lettori de L'Arena
Hans Peter Briegel spara aneddoti, manda messaggi al club e ringrazia l'Italia, che «mi ha portato davvero fortuna: i trofei della mia carriera li ho vinti tutti qui»
Hans Peter Briegel, aneddoti e sorrisi: «La prima volta che ho visto sorridere Bagnoli? A Bergamo, il giorno dello scudetto» Stringe mani, distribuisce sorrisi, suda («vengo dalla Germania, là è inverno...», precisa). Dà soprattutto la sensazione di sentirsi a casa propria, oggi come venticinque anni fa: Hans Peter Briegel torna da eroe nel luogo dell'impresa, incassa complimenti e ricambia sincero a chi gli si fa intorno e ai tanti tifosi che tempestano il numero telefonico messo a disposizione dall'Arena per salutarlo.
Snocciolando inediti, spesso intriganti, come quello legato al suo passaggio in gialloblù: «Qualche tempo prima di firmare per il Verona», ricorda, «ero stato contattato dal Napoli. Mi ero preso una settimana di tempo, poi avevo alzato le pretese economiche e non avevano accettato... Così è arrivato l'Hellas. Beh, quando ho fatto gol al Napoli, alla prima di campionato, mi è venuto un po' da ridere...».
TERZINO GOLEADOR. Il terzino-mediano-goleador acquistato dal Kaiserslautern, nove centri al debutto in A («ma in Germania da difensore ero riuscito a farne 13, record tuttora imbattuto», rivela con orgoglio), risponde volentieri, perfettamente a suo agio su una poltroncina della nostra redazione, a giornalisti e curiosi.
Pesca nella memoria. A ruota libera. Spaziando dall'affetto per il calcio italiano («i miei trofei li ho vinti tutti qui») e i calciatori italiani («in campo ho litigato soltanto con Tardelli, al Bentegodi contro la Juve: mi aveva fatto un'entrataccia...») a quello, tutto speciale, per Verona e i veronesi.
Il primo a farsi sentire è anche il primo che l'aveva abbracciato in campo, a Bergamo, nel giorno della grande festa. Andrea Marchi, 46 anni, ringrazia il bulldozer tedesco «per le emozioni che ci ha dato». L'interlocutore lo ringrazia: «Ti aspetto allo stadio per Gialloblù Superstars», dice.
ELKJAER VS. ZIGO. Francesco, 42enne di Verona, rilancia il dilemma Elkjaer-Zigoni: «Chi è stato il più forte dei due?». Briegel, scontato, promuove l'ex compagno di squadra, «che era più veloce. Magari», aggiunge poi, «Zigoni era più bravo in area».
Chiama Alberto, altro 40enne, di città. Vuole sapere se Briegel, arrivato a Verona, si sarebbe aspettato di centrare il tricolore: «Ma no... Io pensavo al massimo di arrivare in Uefa, anche se quell'anno siamo rimasti sempre in testa alla classifica. Ma era difficile pensare allo scudetto. Rosa ristretta, soltanto 17 giocatori, e con tre giovani...». E sui motivi dell'addio confessa l'umana debolezza: «Sono onesto: la Samp mi pagava di più. Avevo 31 anni, sapevo che era l'ultima occasione per guadagnare. Ho preso l'occasione al volo. Pentito? Mah, là era un'altra vita, altra città, mi mancavano gli amici di Verona».
Carlo, 45 anni, da Lugagnano, lo provoca: «Arrivato terzino è subito finito a fare il mediano. È perché Marangon a sinistra era più forte?». Briegel fa la smorfia divertita. Marangon, a due metri di distanza, lo imita. Poi il tedesco replica con ironia: «Mi ero messo a fare il mediano perché da terzino non sarei riuscito a fare quei 9 gol...». A parte le celie, «anche in Germania facevo spesso il mediano. Mi era capitato pure all'Europeo dell'80. Comunque», riconosce il panzer, «Marangon era un grande giocatore. E se fosse rimasto anche l'anno dopo lo scudetto, invece di andare all'Inter, avremmo fatto sicuramente qualcosa di importante».
ALL'HELLAS DI CORSA. Briegel oggi collabora col totocalcio tedesco, in qualità di esperto.
Ma negli anni passati ha fatto parecchie esperienze da allenatore («Turchia, Bahrein, cinque anni in Albania...», ricorda lui. Il fisico peraltro è ancora granitico. E Massimiliano, 25 anni, villafranchese, lo stuzzica: «Non ci verrebbe ad allenare il Verona?». La risposta non tarda: «Se mi chiama il Verona vengo subito. Anzi, mi chiedo perché il club non ingaggi un ex giocatore. Perché non chiama uno di noi?».
Prova a metterlo in imbarazzo Davide, 40 anni, di Soave: «Meglio lo scudetto in gialloblù o l'Europeo dell'80 con la Nazionale?», «Tutti e due sono stati importanti», la considerazione, anche banale, di Briegel. «Anche se nell'80 partivamo tra i favoriti, nell'84 al massimo tra gli outsider: nessuno dava il Verona vincitore all'inizio del campionato».
LE PANCERE DI GARELLIK. Poi, gustosissimo, un aneddoto sui primi giorni in gialloblù: «Arrivo in ritiro, entro negli spogliatoi e vedo un tipo, piuttosto corpulento, seduto su una panca. Sarà il massaggiatore, penso. E invece era Garella! Pensate un po'... Che poi è riuscito a perdere 7, 8 chili in un mese, incredibile...». «Ci credo, si allenava con la pancera, i maglioni e i sacchetti di plastica attorno alla pancia...», aggiunge Marangon. «Sudava l'impossibile...».
«Quando ci siamo trovati tutti nello spogliatoio», insiste Briegel, «ho contato i compagni. Eravamo una quindicina. Ma già allora, in Germania, c'erano rose da 25 persone. "Dove saranno gli altri?", ho pensato». E giù una risata.
Il tedesco riaccende i riflettori su Garellik: «Resta uno dei più grandi portieri che abbia mai visto giocare», riconosce. «Parava tutto. E quando respingeva la palla la mandava lontanissima. Era impossibile per l'attaccante ribatterla in rete... Mi viene in mente la partita di Roma: avremmo meritato di perderla 10 a 0... Ma in porta c'era lui».
OSVALDO IL SERIO. Un sospiro e tocca a Osvaldo Bagnoli, l'uomo che al debutto, contro il Napoli, lo fissò e gli impartì l'ordine («Briegel, tu Maradona»): «Volete sapere qual è stata la prima volta che l'ho visto sorridere?», fa il tedesco. «A Bergamo. Negli spogliatoi, il giorno dello scudetto».
Poi telefona Beppe, 43 anni, di Dossobuono. Vuole sapere se Elkjaer avesse mai rinfacciato a Briegel, nell'84-'85, di aver fatto più gol di lui: «Ma credo che per tutti fosse più importante arrivare primi in classifica di serie A che in classifica marcatori», precisa il tedesco. «Riconosco comunque che spesso era lui a crearmi gli spazi giusti dove potermi infilare e fare gol».
L'amarcord tricolore rimbalza anche nella telefonata di un altro Giuseppe, 47 anni. Chiama da Buttapietra. Gli piacerebbe sapere se il successo dell'85 ha almeno in parte compensato la delusione per le due finali mondiali perdute nell'82 e nell'86: «No, non sono troppo deluso per le finali. Nel senso che non sono tanti quelli che possono dire di averne giocate due», ricorda Briegel. «Poi si sa, quando ci arrivi puoi vincerle o perderle. Riconosco invece all'Italia di avermi portato fortuna: dall'Europeo dell'80 allo scudetto col Verona alla Coppa Italia con la Samp nell'88 quello che ho vinto l'ho vinto sempre qui».
A chiudere il dialogo coi tifosi-lettori ci pensa Stefano, 35 anni, da Locara di San Bonifacio. Il quale, 10 anni all'epoca dell'exploit gialloblù, era costretto ad accontentarsi di 90° Minuto: «Seguo ancora l'Hellas», lo informa Briegel, «e so che è sempre una squadra importante, vicina al ritorno in B. Non so come giocano, so che il Pescara è forte. Magari vincere i play off non sarà facilissimo. Io però ci credo».