Pescara, Baldini: "Tra vincitori e vinti non c'è differenza. Sapevo che ce l'avremmo fatta. Le lacrime dei miei giocatori il regalo più bello. Il male del calcio? I lestofanti. Nei boschi della Lunigiana c'è la mia anima"

Silvio Baldini, tecnico del Pescara neopromosso in Serie B, si è raccontato ai microfoni di Nicola Binda (La Gazzetta dello Sport). Di seguito un estratto dell'intervista.
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"Conta il percorso, non il risultato".
«Come per la mia famiglia. Se per loro faccio il lestofante, non va bene. Conta chi sei, non cosa vinci. La Ternana era più forte, noi in dieci, ma il destino ha deciso così. E sa a chi dedico questa promozione? A chi non ha finito la stagione. Agli allenatori che non sono riusciti a finire il campionato. Siamo persone sole, l’esonero ti ferisce nell’anima. Vorrei che i colleghi gioissero con me. Tra un vincitore e un vinto non c’è differenza. Se credi solo nel risultato, sei condannato a perdere sempre».
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"Questa promozione è per la mia famiglia".
«Senza di loro non avrei fatto nulla. Il mio modo di pensare può sembrare folle, ma ho vinto per i miei principi».
"Palermo era più forte, ma qui ho costruito".
«Il Palermo era attrezzato. A Pescara abbiamo dovuto crescere. Abbiamo vinto 15 gare fuori casa: significa che abbiamo lavorato bene, con cuore e passione. A Palermo bastò dare regole a giocatori già forti».
"Sono il più vecchio a vincere i playoff".
«Ho superato il mio amico Braglia. E sono il primo a vincere due volte i playoff di Serie C a 28 squadre».
"Sapevo che ce l’avremmo fatta".
«A marzo, quando abbiamo avuto una flessione, ho capito che avevamo perso il treno. Ma sapevo che l’aspetto atletico ci avrebbe dato forza nel finale. Così è stato. E nonostante gli infortuni, abbiamo chiuso con un ritmo super».
"Ho reinventato una difesa"
«Tre difensori centrali fuori. Ho spostato Letizia, poi ho inventato Lonardi. È un centrocampista, veniva da un brutto infortunio. Gli ho parlato: sapevo che dietro si corre meno. Si è fatto trovare pronto».
"Quando dissi che saremmo saliti in B? Mezzo bluff"
«Era il 29 novembre. Metà convinzione, metà bluff. Ma se cerchi alibi non vinci mai. Volevo vincere, e sapevo che serviva il triplo dell’impegno».
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"Le lacrime dei miei giocatori? Il regalo più bello".
«Ognuno mi ripeteva ciò che gli avevo detto durante l’anno: credere nei valori. Prima dei playoff dissi: “Si gioca ogni tre giorni, mandate a casa mogli e fidanzate. Se volete vincere, dimenticate tutto”. L’hanno fatto. E il destino ci ha aiutato».
"Il male del calcio? I lestofanti".
«Gente che pensa solo a guadagnare. Serve educazione nei settori giovanili, trasmettere senso di appartenenza. Temo che gli italiani diventeranno tifosi di Brasile e Argentina. Va bene l’integrazione, ma non possiamo perdere la nostra cultura. Il crocifisso nelle scuole, le feste religiose… perché non si ferma il campionato? Solo perché lo fanno gli inglesi? Ma loro sono anglosassoni. Noi no».
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"Nei miei boschi troverò Dio".
«Quando tornerò nei miei boschi in Lunigiana, sarà come stare davanti al Creatore. Lì non puoi barare. Lì c’è la mia anima».