GazzSport - Lucescu: "A Pisa portai un videoregistratore e inventai la match analysis. Pippo? Bravo come Simone"

Mircea Lucescu, 80 anni a luglio, ct della Romania, in carriera per decidere cosa fare ha sempre guardato la bussola dell'amore. Ecco perché quando gli nomini il Pisa s'illumina: "Trentaquattro anni senza mai smettere di seguirlo, è stata la mia prima squadra all'estero".
Come ci arrivò?
"Anconetani si mise in testa di prendermi quando allenavo la Dinamo Bucarest. Uno squadrone, ce la giocammo alla pari con la Samp di Vialli e Mancini in Coppa delle Coppe. Finché c'era Ceausescu in Romania trionfava sempre la Steaua, quando è caduto lui io ho vinto campionato e coppa. Lo sa dov'ero quando crollò il regime?"
No, dove?
"A Cagliari, ospite di Anconetani. C'era l'Italia che giocava in amichevole con l'Argentina, durante l'intervallo il telegiornale diede la notizia... Mi cercava anche Corioni, era venuto a conoscermi a Bucarest, ma Anconetani mi entrò nel cuore subito, mi convinse. In Romania all'epoca mica c'erano i contratti, il primo lo firmai per il Pisa".
E Corioni non se la prese?
"Macché, l'anno dopo andai da lui e riportai in Brescia in Serie A. Poi le racconto..."
Ci torniamo. La sua Pisa, intanto.
"Mi ricordo ancora le facce di tutti i ragazzi: Simeone appena arrivato dall'Argentina, Chamot, Piovanelli... La città mi conquistò subito, era l'ideale: piccola, carica di passione. Non avevamo un campo nostro per allenarci, spesso ci toccava usare quello della base militare ed era difficile. Ma iniziammo alla grande. Giocavamo un calcio poco italiano, bellissimo, offensivo. Una cosa che mi stupiva erano i tifosi davanti ai cancelli dello stadio: 'Mister, mi raccomando, oggi non dobbiamo perdere'".
Cosa la stupiva?
"Che in qualsiasi altro paese avrebbero detto 'Mister, mi raccomando, oggi dobbiamo vincere'. C'è tutto il calcio italiano dell'epoca, con i pareggi che muovevano parecchio la classifica. Io però avevo un'altra filosofia: all'attacco, sempre. Solo che...".
Che?
"Che Anconetani ne vendeva praticamente uno al mese: Piovanelli alla Juve, Padovano al Napoli, Neri alla Lazio... Dopo una sconfitta a Cagliari mi esonerò, e me ne andai con parecchio rammarico: la squadra si poteva salvare. Ma Anconetani era così, emotivo nel bene e nel male, prendeva decisioni di pancia"
Il Pisa di Lucescu però verrà ricordato: gioco nuovo, metodi nuovi.
"Vero, a Pisa vado fiero di due acquisti: una telecamera e un videoregistratore. Con me avevo Adriano Bacconi, era giovane, gli piaceva capire i meccanismi del calcio. Gli consegnai gli strumenti, doveva filmare le partite, fare delle sintesi su alcuni aspetti del nostro gioco e preparare dei video degli avversari che avremmo affrontato. In quel periodo in Italia tutto si basava sugli osservatori che andavano in giro e sui loro appunti, far vedere ai ragazzi delle immagini su cosa avevano sbagliato o cosa avrebbero dovuto fare fu una rivoluzione. Erano tutti intelligenti, la presero benissimo. Oggi ogni squadra ha minimo 6-7 match analyst, ma quei principi li creammo noi all'epoca. Eravamo pionieri"
Cosa fece quando andò via da Pisa?
"Mi chiamarono prima Pinto da Costa al Porto, che aveva vinto pochi anni prima la Coppa dei Campioni, e poi lo Standard Liegi. Stavo per firmare con entrambe. Poi Corioni tornò alla carica e mi convinse ad andare a Brescia. Come? Semplice: ormai amavo l'Italia, e per me l'amore è fondamentale. E poi iniziavo ad adattarmi al calcio che si gioca da voi"
Questo Pisa le piace?
"Buona squadra, ha meritato la promozione. Difende alla grande, ma per fare punti in Serie A dovrà rinforzare l'attacco. Adesso è un americano il proprietario, no? Ecco, dipenderà dalle sue ambizioni. Sa, oggi il calcio non ha più sorprese, di favole tipo quella Leicester non ce ne sono più. A un certo livello la differenza la fanno i soldi. La Serie B è il campionato degli allenatori, la Serie A è quello dei presidenti. Se penso ai miei tempi..."
Dica.
"Nel calcio c'erano i numeri uno di tutti i settori dell'industria italiana. Agnelli con le auto, Berlusconi con le tv, e poi petrolio, trasporti marittimi, agricoltura, distribuzione alimentare... Pensate che punti di riferimento erano per questo sport. Oggi il calcio è così grande che un solo uomo non può più gestire una squadra. Dall'estero arrivano a investire delle società, a volte fai fatica anche a capire chi sono i proprietari...".
La Serie B è il campionato degli allenatori, dunque. Quello del Pisa è Pippo Inzaghi...
"E in questo Pisa c'è tutto Pippo Inzaghi. Ero allo stadio per la partita contro il Frosinone: qualsiasi altro avrebbe diminuito i giri, lui aveva la voglia di quando giocava. Avete visto la velocità con cui ha dato la palla per la rimessa del gol decisivo? Praticamente l'ha segnato lui..."
Le piace insomma.
"Sì, molto, è la seconda volta che porta in Serie A una squadra e non è poco. Ha fatto tesoro delle esperienze, ha fatto sempre risultati con i giocatori che ha avuto a disposizione senza mercati faraonici, ha dimostrato di essere bravo tanto quanto suo fratello. Questa promozione può essere il suo salto di qualità definitivo, ha tutto per prendere le redini di una grande squadra. Quando gliela proporranno deve prenderla subito. Non fare come me..."
Perché, lei cosa fece?
"Quando ero a Brescia Pellegrini mi voleva a tutti i costi all'Inter. Mi invitava a cena a Milano, sua moglie era esperta di grafologia e mi faceva scrivere perché voleva tracciare un mio profilo. Ma alla fine gli ho sempre detto no per restare a Brescia. Glielo dicevo prima, sono uno che si innamora dei luoghi e delle persone..."
A Pisa giocano anche un paio di nazionali romeni, e tra un mesetto avete le partite di qualificazione ai Mondiali.
"Marin è uno su cui metto la mano sul fuoco, ha esperienza in un campionato di lotta come la B. Morutan è un gran talento in attacco, spero che nelle ultime partite Pippo lo faccia giocare così da una bella mano anche a me".
Ci consigli un giocatore che secondo lei la Serie A dovrebbe andarsi a prendere in Romania.
"Dico Olaru, centrocampista dello Steaua Bucarest. Uno che sa fare tutto, forte fisicamente, mentalmente e tecnicamente, da campionato italiano. Sa, mi piace quando un romeno firma in Serie A perché mi fa tornare in mente quello che facemmo con Corioni...".
Già, ci aveva promesso che ce l'avrebbe raccontato. Cosa faceste?
"La Brescia romena! Io, Hagi, Sabau, Raducioiu, Mateusz... Era il calcio italiano delle colonie: i tedeschi all'Inter, gli olandesi al Milan, gli uruguaiani a Cagliari, gli argentini a Napoli, i brasiliani a Roma, così ho insistito per farne una anch'io. Ti consentiva di avere un intero Paese dietro. Quando giocava il Brescia in Romania lo guardavano in tv, e gli italiani che venivano a fare affari erano accolti bene. Il calcio è importantissimo per questo".
Lucescu, classe 1945 e l'entusiasmo di un ragazzino. Ci sveli il segreto.
"Passione per quello che faccio, e la responsabilità di aver preso in un momento delicatissimo la nazionale del mio paese che avevo iniziato ad allenare nel 1981. Ancora ricordo di quando buttai fuori l'Italia dalle qualificazioni europee del 1983, e mi dispiacque pure perché al Mondiale di Spagna tifavo per voi. Ah, e poi c'è la salute, la prima cosa. Mica puoi allenare solo con la testa..."