GazzSport - Defrel: "Modena, fidati di me. Se sto bene posso fare la differenza. E puntiamo in alto"

Grégoire Defrel risponde dalla sua Parigi. Ha chiuso la stagione con il Modena, salvo in Serie B e la sua testa già sta pensando al prossimo anno. “Spero di fare un grande campionato, sono di nuovo in forma e mi sento finalmente bene”. Ma tornare a casa ha sempre un sapore speciale. “Le strade di Parigi sono il vivaio più importante del mondo. Io le porto con me, grazie al mio 92, il numero del mio quartiere con cui gioco da una vita”. L’attaccante oggi va per i 34 anni e ha intenzione di dire ancora la sua in Italia. In questa stagione si è messo in mostra con il club gialloblù soprattutto da febbraio in poi. “Ho trovato una società seria, con un progetto ambizioso. Spero di fare di più nel prossimo campionato di B, sia a livello personale che di squadra. Questo Modena può puntare in alto”.
Partiamo proprio dalla sua stagione: che campionato è stato?
“Abbiamo raggiunto la salvezza, ma possiamo fare di più. Il prossimo anno vogliamo superarci. Puntiamo in alto”.
Invece a livello personale?
“Da febbraio in poi sono tornato in condizione. Punto a mantenere questo stato di forma per tante partite nella prossima stagione. So che se sto bene posso fare la differenza. L’obiettivo? Fare tanti gol come a Sassuolo”.
L’ha nominato lei il club neroverde. A Reggio Emilia si è visto il miglior Gregoire?
“Credo di sì. Sassuolo per me è stata casa e famiglia. Ci sono momenti di quegli anni che porto nel cuore. La doppia cifra in Serie A, l’Europa League. Ho imparato tantissimo. Devo dire che eravamo un gruppo che stava veramente bene insieme”.
Prima con Di Francesco poi con De Zerbi. Lei è sempre stato protagonista.
“Ho tanti ricordi. Con Di Francesco ho imparato a fare l’attaccante centrale, ma negli anni mi ha fatto giocare ovunque. Esterno, seconda punta e centravanti. Di De Zerbi, invece, mi colpì la sua maniacalità. Non dimenticherò mai che una volta ci tenne 4 ore a fare la stessa uscita dalla difesa. Finché non eravamo perfetti ce la faceva ripetere. Ma lui è così e guai a contraddirlo. Però poi la domenica vedi che succedono esattamente le cose che ti diceva lui tre o quattro giorni prima e quello fa tutta la differenza del mondo”.
Poi venne la Roma. Cosa le viene in mente se pensa alla stagione in giallorosso?
“Sinceramente ho un po’ di rimpianto. Speravo di poter avere un’occasione in più per dire la mia, un po’ più di spazio. Ma quella era una squadra fortissima, piena di campioni. Mi è dispiaciuto tantissimo non riuscire a far vedere all’Olimpico il vero Defrel”.
C’è qualcuno che la colpì in maniera particolare?
“Senza dubbio penso a De Rossi. Era un leader tecnico e umano. L’ho visto tantissime volte fare da chioccia ai più giovani, anche in allenamento o in spogliatoio. Faceva gruppo. Poi viene in mente anche Dzeko. Edin è uno più silenzioso fuori, ma in campo è uno spettacolo. Faceva dei cambi di gioco con un’eleganza mai vista. Destro o sinistro non faceva differenza”.
Se dovesse scegliere tre momenti della sua carriera da fotografare, cosa sceglierebbe?
“Il primo è certamente l’esordio in A con il Cesena. Ero un ragazzino, fu Bisoli a darmi fiducia. Anche lui mi metteva ovunque: in bianconero ho fatto anche l’esterno a cinque a tutta fascia. Bei tempi…”
E gli altri due?
“Dico Roma-Barcellona 3-0, una partita unica. Fu incredibile anche solo l’atmosfera. Mi stupiva la convinzione di tutti nel poterla ribaltare, ci credevamo tantissimo. E pensi che quello che ci credeva meno era proprio Manolas, che poi segnò il gol decisivo. Una notte da sogno. E come terzo momento dico la stagione da capocannoniere del Sassuolo, mai come quell’anno mi sono sentito bene in carriera”.
Lei in carriera ha giocato un po’ in tutte le posizioni. Ma dove si vede il vero Defrel?
“Diciamo che io nasco seconda punta ed è il ruolo che mi piace di più. Magari con un centravanti di peso al mio fianco e con la libertà di girargli intorno. Però come diceva lei ho fatto davvero di tutto e mi sono sempre sacrificato. Credo ora come ora di saper far bene sia l’esterno, che la seconda punta e il centravanti”.
Oggi il suo presente dice Modena. Cosa l’ha convinta del progetto di Rivetti?
“L’ambizione. Prima di accettare ho fatto un paio di chiamate e me ne hanno parlato tutti benissimo. Poi il pres mi ha convinto al primo incontro. È una proprietà seria, il Modena è in ottime mani. Per questo sono convinto che possiamo puntare in alto”.
Prima di salutarla torniamo alle origini. Lei resta molto legato alla sua Parigi?
“Assolutamente sì. Tantissimo. Per me le strade di Parigi restano anche il miglior vivaio del mondo. Qui si diventa uomini in fretta, soprattutto se vieni da un quartiere come il mio… dove le cose non sono sempre facilissime. Io lo porto con me, grazie al 92 che indosso sulla maglia. È il numero del distretto del mio quartiere. E non sono l’unico: lo faceva anche Menez con il 94 e parecchi altri”.
Da lì viene anche la sua esultanza?
“In realtà l’esultanza del “Bandito” nasce per scherzo. Era un gioco con gli amici. In passato però ho ricevuto qualche critica, per tutto il discorso legato alla guerra e alle armi. Io sono assolutamente contrario e quel modo di festeggiare non c’entra nulla. Se riesco a chiarire questa cosa, potrei tornare a farla. Magari al prossimo gol…”