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Vecchi: “Sogno di portare il Sudtirol in B. Sala, Carraro, Di Gregorio e Bettella arriveranno in A”

17.04.2020 14:00 di Christian Pravatà  Twitter:   
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
Vecchi: “Sogno di portare il Sudtirol in B. Sala, Carraro, Di Gregorio e Bettella arriveranno in A”

L’allenatore del Sudtirol Stefano Vecchi si è raccontato in una intervista a 360 gradi sul canale Instagram del giornalista Nicolò Schira. Di seguito le principali dichiarazioni rilasciate dall’ex tecnico dell’Inter.

Come sta vivendo questi giorni difficili? "Fortunatamente, bene. A Bergamo questa è già una buona cosa. Per il resto, chiaramente, manca il campo. Come a tanti: anche a qualcuno che fa finta di no (ride, ndr). Nelle prime settimane questo discorso si accettava un po', ma adesso il campo manca a tutti gli addetti ai lavori".

Il Sudtirol sta andando bene in classifica: cosa ha trovato di speciale a Bolzano? "E' una realtà dove si lavora bene. Il club sa costruire, conosce benissimo i propri obiettivi. In questi anni è stato fatto un centro sportivo molto bello, si sta lavorando per creare un ottimo stadio. Io avevo già ottenuto un risultato importante a Bolzano qualche anno fa, ma adesso la Serie C è molto competitiva: ci sono molte piazze importanti".

Parlando di giovani, cosa pensa delle liste Under? "I giovani bravi giocano in ogni caso: magari non fanno 30 partite da titolari, ma riescono comunque a mettersi in mostra. Riguardo l'utilizzo dei giovani, c'è un gap tra chi li fa giocare e chi non li usa: questi ultimi sono primi in classifica. Chi vuole far calcio con i giovani rischia la retrocessione: questo fa riflettere... Forse la revoca della regola sulle liste ha aumentato il gap".

Cosa consiglia ad un giovane allenatore? "Se ha passione, si aggiorna e ha competenze, non importa il punto di partenza: quel che conta è dove si arriva. Quindi, se posso dare un consiglio, è quello di lanciarsi: l'importante è metterci grande passione e crederci sempre".

C'è un tecnico a cui deve la vocazione del ruolo di allenatore? "D'Astoli mi ha portato un po' dove andava lui, poi a Ferrara ho avuso Sonzogni. Dal punto di vista caratteriale, Cavasin mi ha insegnato delle cose. Qualche trucco del mestiere si ruba da tutti, anche da quelli che senti parlare in tv. Perfino da allenatori di altre discipline".

Si ricorda la sfida di Coppa Italia tra Brescello e Juventus? "Sì, certo. All'andata finì 1-1, andammo in vantaggio con Franzini e poi segnò Conte per la Juve. Si giocava al 'Giglio' di Reggio Emilia, era tutto esaurito. Poi al ritorno non ci fu storia: finì 4-0...".

Un giudizio sulla stagione del Sudtirol? "Ce la stiamo mettendo tutta, ovviamente con i nostri mezzi. Per un po’ di tempo siamo stati vicini alle big del campionato. Il giudizio è sicuramente positivo, siamo quarti e stiamo facendo bene".

Quale giocatore dell'Inter l'ha colpita di prima vista? "Ce ne sono tanti, a dir la verità. I nomi più conosciuti sono Pinamonti, Zaniolo e Vanheusden, ma sicuramente ne dimentico qualcuno. Qualche giorno fa, scherzando con il direttore Samaden, abbiamo stilato la formazione dei migliori talenti che io abbia mai allenato. Penso a gente come Radu, Bettella, Dimarco, Kouamé, Manaj, Colidio... Purtroppo Gnoukouri ha dovuto smettere per dei problemi al cuore: mi spiace davvero tanto, mi emoziono ancora ricordandolo in campo a San Siro. Alcuni miei ex giocatori si sono "persi" per modo di dire, nel senso che adesso giocano in Lega Pro". Zaniolo può diventare uno dei top a livello mondiale? "Io l'ho sempre detto, conservo anche un'intervista. Non lo convocai per una partita, mi chiesero il motivo: dissi che avrebbe dovuto giocare con la squadra e non per se stesso. Secondo me diventerà un giocatore di fama internazionale. Gli scivola tutto addosso, sa reggere le pressioni, da giocatore di alto livello internazionale. Da subito si sono viste le sue qualità enormi e non sempre è riuscito ad esprimerle al 100%. Non era facile per lui cimentarsi in una realtà giovanile, visto che aveva già giocato nel calcio dei grandi, e soprattutto avendo la prospettiva di allenarsi con la prima squadra. Ma lui si è calato nella nostra realtà, è riuscito a crescere e si è fatto trovare pronto per la Serie A l'anno successivo".

Studia un allenatore con particolare interesse? "In questo periodo si cerca di guardare un po' ovunque. Gli ultimi che ho seguito sono Klopp, De Zerbi e Liverani. Si cerca di rubare qualcosa un po' da tutti".

Allenare la prima squadra nell'Inter è un sogno nel cassetto? "L'ambizione ce l'hanno tutti. Arrivare ad allenare una squadra importante come l'Inter, per quella piccola parentesi di cinque partite, è il coronamento di un sogno. Bisogna continuare a lavorare, ad andare per la propria strada. Poi si vedrà...". Non aver esordito da giocatore con l'Inter dopo la trafila nelle giovanili è stato un rammarico? "Io ero visto come l'Oriali del futuro quando giocavo nell'Inter. Ma non sono mai riuscito ad arrivare a quei livelli da giocatore: ho fatto una carriera discreta, militando 15 anni in Serie C. La mia peggiore stagione l'ho trascorsa a Pavia: ho avuto una marea di infortuni e ho deciso di smettere, prima di farmelo imporre da qualcun altro".

Quale ricordo conserva degli allenatori nerazzurri del periodo? "Da ragazzo ho fatto un ritiro e qualche allenamento con Trapattoni: ricordo la grande energia che metteva ad allenare noi ragazzi a fine allenamento. Aveva una passione incredibile. Bagnoli, invece, era molto più compassato. Ma aveva un grande carisma, ho un ottimo ricordo per come trattava tutti allo stesso modo: anche noi ragazzi. Cercava, con grande calma e serenità, di mettere tutti nelle stesse condizioni".

Come si è trovato a Ferrara? "Molto bene da calciatore. Per quel che riguarda la mia parentesi da allenatore, invece, ho vissuto una stagione travagliata e complicata. Ma si creò un bellissimo rapporto tra noi e la tifoseria, nonostante la retrocessione ai playout dovuta ai molti punti di penalizzazione: alcuni tifosi ci aiutavano a tagliare l'erba del prato e pagavano le bollette... Sono contento che ora si sia creata una bella realtà".

Sugli esordi da allenatore: "Sono partito dalla Promozione con il Mapello, vincendo il campionato. Alla Colognese ho fatto tre anni splendidi tra Eccellenza e Dilettanti: c'era grande entusiasmo, nel nostro fortino abbiamo messo in difficoltà squadre più attrezzate di noi. Poi mi sono trovato molto bene a Trezzo: con la stessa squadra abbiamo vinto due campionati di fila. In Serie D è stato facile, eravamo una corazzata: l'anno dopo, invece, in C2 è stata un'impresa. Quella è stata la svolta della mia carriera: mi ha fatto conoscere di più a livello nazionale".

Una delle partite che porta nel cuore è il 3-0 dell'Inter sul Crotone... "Sono bellissimi ricordi, che magari vivi meglio adesso rispetto al momento in cui stavano succedendo. Mi sono trovato lì, in un ambiente che conoscevo benissimo, e mi sembrava una cosa normale allenare dei giocatori che si allenavano con noi ad Appiano Gentile. Un altro bellissimo ricordo è la partita con il Southampton in Europa League, anche se non andò benissimo". Sapeva che avrebbe dovuto fare da traghettatore, ma ha mai sperato di restare ad allenare la prima squadra? "Io sapevo già che dopo De Boer sarebbe arrivato un altro allenatore: mi avevano già parlato di Pioli. La squadra aveva comunque grande disponibilità: abbiamo dovuto fare in sei giorni due partite, ho fatto pochi allenamenti. Ma ho cercato di dare un'idea di gioco diversa. Anche nel finale di stagione (2016/17, ndr) sapevo già che per il futuro sarebbe stato scelto qualcun altro. Dovevamo salvare la stagione e alla fine non siamo entrati nella storia per la striscia di sconfitte consecutive". Un giocatore che l'ha intrigata più degli altri? "Era un'Inter esagerata a livello di nomi. Quando siamo usciti dall'Europa League e ci era rimasto solo il campionato, c'erano 20 giocatori di spessore internazionale. Banega era un calciatore di grandissimo talento, che all'Inter faceva fatica a giocare. Joao Mario era titolare con il Portogallo, c'era Eder che non sempre giocava perché non era semplice farlo giocare con Icardi". Con la Primavera dell'Internazionale ha vinto tutto... "Non è un caso che oltre a lanciare tanti giovani si riesca anche a vincere qualcosa. Ricordo che Spalletti ci mandava video su WhatsApp... Tutti erano molto attenti nei nostri riguardi".

Perisic è un grande talento, cosa gli manca per fare il salto di qualità? "Se riuscesse ad esprimere tutto il suo potenziale, non vi sarebbero tanti difensori che riuscirebbero ad arrestare la sua forza e imprevedibilità. Sarebbe uno dei migliori al mondo. Purtroppo è un po' discontinuo".

Avrebbe scommesso su un calciatore che poi non ha rispettato le aspettative? "Si poteva sapere già allora dove ciascuno sarebbe arrivato. Ci sono dei giocatori con ampi margini di miglioramento: penso a Sala e Carraro, ad esempio, che giocano nell'Under-21 della Nazionale. In B sta andando forte anche Di Gregorio. Hanno la possibilità di salire di categoria. Senza dimenticare Bettella e Pinamonti: possono crescere e diventare grandi giocatori. L'unico rammarico è Gnoukouri, che per motivi di salute si è dovuto fermare sul più bello. Mi emoziono se ripenso alla sua storia...".

Tra gli allenatori avversari, in Serie C, qualcuno l'ha colpita più di altri? "Per le difficoltà che abbiamo affrontato noi, sicuramente la Reggiana di Alvini: sta svolgendo un ottimo lavoro. Per buona parte della stagione mi è piaciuta tanto la Sambenedettese di Montero. Poi ha avuto un calo, ma ha sempre giocato un calcio propositivo". Tornando all'Inter, Steven Zhang può dare vita a un ciclo vincente? "Nonostante sia molto giovane, è una persona molto carismatica. Ha sempre il sorriso, trasmette energia e fiducia. Per me ha sempre avuto un occhio di riguardo, devo ringraziarlo: c'è stato un buonissimo rapporto. Mi risponde sempre agli auguri di Natale o Pasqua, nonostante tutti gli impegni siamo rimasti in contatto".

Icardi viene dipinto in maniera diversa rispetto alla persona che è? "Viene dipinto in maniera molto, molto diversa. Lui è un ragazzo disponibilissimo, un professionista serio. A me ha dato una grande mano: nel confrontarmi con lui, è sempre stato molto disponibile. Ha sempre avuto a cuore i colori nerazzurri. E' sempre stato visto come un finalizzatore, potrebbe diventare un grande trascinatore se migliorasse sul piano della partecipazione al gioco di squadra come diceva Spalletti. Dal punto di vista umano è un bravissimo ragazzo".

Radu è pronto per tornare all'Inter? "Ha avuto qualche infortunio ad inizio carriera, ma poi ha fatto molto bene ad Avellino, così come a Genoa: in Liguria hanno fatto una scelta non comprensibile, scegliendo Perin, nonostante Radu fosse uno degli ultimi responsabili della situazione difficile. Credo che abbia bisogno di un altro step per affermarsi come un portiere affermato. Questa situazione può, forse, creargli un ostacolo, ma può proporsi come vice-Handanovic".

La sua vittoria più bella? "Il primo Torneo di Viareggio è un bellissimo ricordo, al pari della vittoria contro la Juventus in finale a San Siro. L'Inter non aveva mai vinto la Supercoppa Primavera, noi ci siamo riusciti per primi. Il trionfo più bello è stata la Viareggio Cup dell'ultimo anno: abbiamo giocato quella manifestazione con pochi titolari e tanti ragazzi presi da Berretti e Allievi, vincendo contro la Fiorentina di Gori e Sottil. Per me è stata una grande soddisfazione vedere la forza del gruppo venire fuori nonostante 10 calciatori assenti".

Si immaginava un Handanovic capitano? “Samir è un leader silenzioso. Parla poco nello spogliatoio, ma si fa rispettare con i comportamenti. È un esempio per come lavora sodo. È l’emblema di come a volte contino più i fatti delle parole”. Come si spiega le difficoltà avute all’Inter da João Mario? “Tecnicamente è forte, c’è poco da dire. Probabilmente come tanti portoghesi preferisce giocare sottoritmo e con meno intensità. È più adatto ad altri tipi di campionati rispetto a quello italiano, mi spiego così le sue difficoltà all’Inter”.


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