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Catania, il grido di fuoco nel gelo della corruzione

Catania, il grido di fuoco nel gelo della corruzioneTuttoB.com
© foto di Federico De Luca
venerdì 26 giugno 2015, 08:00EDITORIALE
di Francesco Becciani

Troppo poco spesso salgono agli onori delle cronache. Quando accade, nella maggior parte dei casi, è per episodi che ne rimarcano la negatività o gli aspetti tristi. L’errore che facciamo, noi troppo spesso sapientoni di tacchetti e pallone, è considerarli come un contorno, rumoroso, coreografico, entusiasta o depresso, che circonda quasi passivamente un rettangolo dove corrono dietro una sfera di cuoio plusvalenze, cifre, valori e in alcuni casi, purtroppo anche corruzione. 

I recenti fatti di Catania lasciano tanto alle riflessioni, nell’attesa di (forse spietate) sentenze. Chi è la vera vittima della situazione? Chi pagherà la pena maggiore, qualunque essa sia? Chi è stato preso più in giro? Chi è stato veramente tradito?

Se quello al quale assistiamo settimanalmente, nonché giornalmente, è uno sport, uno spettacolo dunque, e non un business relativo prettamente ad arricchire sempre i più ricchi, allora quelle anime pulsanti che contornando gli stadi, le piazze, che urlano, come in questo caso di dolore, sono le vere, forse non uniche, vittime di situazioni drammatiche come quella di Catania. Un popolo tradito che riversa la sua rabbia ed indignazione unendosi, gridando ed abbracciando i colori di una maglia che sarà indelebile nel loro sangue. Sui social network, perché ad oggi sono la miglior forma di comunicazione, il grido straziante si trasforma in righe infuocate. Non vogliamo ammaliare nessuno con troppe chiacchiere, ne tantomeno cercare di alimentare una sorta di “propaganda poppare” come la potrebbe intendere qualcuno, ma solo sottolineare che nel gelido mondo delle cifre e dei numeri, spesso ci dimentichiamo che esistono cuori che vivono, pulsano e soffrono proprio come esprimono queste brevi righe provenienti da una delle pagine ufficiali della tifoseria etnea:

“GIURO DI RESTARE ACCANTO AL MIO CATANIA. DOVUNQUE SARA', SAREMO.

Nei mesi scorsi vi abbiamo parlato di un rischio: quello sulla sopravvivenza del Catania 1946.

Tra le risate di scherno di alcuni e gli ammiccamenti di molti, che fino all’ultimo hanno voluto non vedere quello che stava accadendo, vi abbiamo detto, da questa pagina e nelle molteplici riunioni e azioni che abbiamo fatto, che in ballo c’era non la promozione in serie A, ma il futuro della nostra squadra. 

A differenza di quello che molti benpensanti scrivono non si tratta solo di calcio. Se non lo capiscono, c****i loro: non è possibile spiegare la realtà a chi non ha cognizione per comprenderla. 

E' in ballo il futuro di quei quattro numeri. Quel 1946 che abbiamo scritto sul banco di scuola, dipinto nel muro della nostra stanza, appiccicato nella fiancata del nostro vespone. Quel 1946 che abbiamo lasciato sventolare nelle nostre bandiere, esibito con le nostre sciarpe. Perché noi siamo Quelli del 1946, proprio come possiamo sentire nella canzone di Antonio Monforte. 

Era questo il motivo per cui abbiamo deciso che non potevamo stare zitti. Che dovevamo passare alle vie di fatto ma in un modo diverso dal passato. Perché non è una partita dei soli ultras, ma di tutta la tifoseria. Per questo abbiamo cercato il massimo coinvolgimento, la massima condivisione. Il sentirci tutti parte di una causa, a prescindere dal pedigree da esibire. Non stiamo facendo una gara, ma una lotta. Non dobbiamo dimostrare che siamo più tifosi di quello che abbiamo seduto di fianco allo stadio, ma partecipi di un destino. Sapevamo che momenti tristi potevano arrivare. Perché, seppur non riuscivamo a individuarne chiaramente la traiettoria, avevamo capito che la gestione scellerata Pulvirenti-Cosentino, con l’utile idiota Delli Carri, ci avrebbe messo nei guai. In grossi guai.

Quel momento è arrivato. Purtroppo. 

La botta è stata forte. Fortissima. Così come la reazione. 

In questo momento, ancora una volta, i catanesi hanno dimostrato che nella massima difficoltà sanno trovare motivazioni, forze, energia, affiatamento, unione, per tirarsi fuori. Anche se la traversata sarà lunga e dolorosa. 

MA LO FAREMO SOLO RESTANDO UNITI. SOLO SE TUTTI MARCEREMO COMPATTI. 

PER QUESTO OGGI E’ IL MOMENTO DELL’ASSUNZIONE DELLE RESPONSABILITA’. IL MOMENTO DI RECITARE UN GIURAMENTO COMUNE: QUELLO CHE, ANCHE SE DOVESSIMO RIPARTIRE DALL’ECCELLENZA, SAREMO IN VENTIMILA SULLE TRIBUNE DEL MASSIMINO A URLARE CONTRO IL CIELO IL NOSTRO “FORZA CATANIA!”.

CHI NON SE LA SENTE, SCENDA ORA DAL CARRO. DOPO SARA’ CONSIDERATA DEFEZIONE.

PERCHE' NOI NON RETROCEDIAMO. NOI NON CI TIRIAMO INDIETRO, NOI NON RINUNCIAMO A COMBATTERE.

NOI SIAMO IL CALCIO CATANIA.

NOI SIAMO I CATANESI. “

Perché a volte i cifre e i numeri, le plusvalenze e gli affari, valgono zero di fronte al valore umano, innamorato e straziato. È la tetsimonianza, per chi lavuol vedere che qualcosa di "vero" nel merciuome può esistere. Questa è la vera vittima di chi forse non sa più quali siano i veri valori di quello che continuano a chiamare calcio, sport e spettacolo. Uno spettacolo dove non esiste, se non in auliche e poche parole (che spesso restano tali), una vera tutela per il tifoso, che è molto, ma molto di pù del semplice gelido e spietatamente critico spettatore.